Oggi vi racconterò la storia di una cliente che ha ricevuto un mutuo fondiario oltre l’80% del valore del bene ipotecato a garanzia.
Questo è accaduto in applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 38, comma 2 e di quanto previsto con delibera CICR del 22 aprile 1995 che, all’art. 1, prevede che: “l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati”. Tale normativa è posta a presidio di un interesse d’ordine pubblico economico da individuare nella “mobilizzazione” della ricchezza immobiliare.
L’obiettivo che viene perseguito è quello di non pregiudicare la stabilità del sistema creditizio, la quale verrebbe inevitabilmente compromessa laddove i beni oggetto dell’ipoteca di primo grado (unica forma di garanzia in favore della banca mutuante) fossero sopravvalutati.
E allora cosa bisogna fare e come bisogna muoversi?
Ciò che interessa è ottenere la perizia di stima del valore dell’immobile che la banca ha preteso prima di erogare il mutuo. Se tale valore risultasse superiore, avendo la norma un carattere imperativo, la sua violazione ha come effetto la nullità del contratto ex art 1418 comma 1 cc e (come viene stabilito da varie sentenze della Suprema Corte) si esplica l’incapacità del contratto di produrre il proprio effetto, compresa la costituzione di un’ipoteca valida.
Nel caso in cui la Banca avesse avviato una procedura con titolo esecutivo, il superamento di detto limite può far venir meno la sussistenza del titolo esecutivo e la non debenza degli interessi nella misura concordata nel contratto.
Altro aspetto importante è anche la violazione di tutta la normativa sulla trasparenza bancaria…
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